La terapia cognitivo-comportamentale è l’approccio più “giovane” all’interno del panorama psicologico internazionale, ma è l’orientamento che per primo e con maggior successo ha fornito prove di efficacia e di validità nel trattamento dei disturbi psicologici. Si origina nella seconda metà del secolo scorso dall’esigenza di superare i problemi che avevano posto la psicanalisi in uno stato di profonde crisi ed impasse, primo tra tutti il grande dispendio, in termini di tempo e soldi, per arrivare a comprendere la natura della sofferenza psicologica; ciò a portato ad ideare una terapia breve e strutturata che si pone come obiettivo di portare il paziente a riconoscere o sviluppare autonomamente gli strumenti necessari al proprio benessere, mentre insieme al terapeuta dirige i primi passi verso la definizione, comprensione e risoluzione del sintomo, aspetto che quasi sempre motiva la richiesta di aiuto.
Il razionale che guida la Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale è che non siano gli eventi quotidiani, o più generalmente di vita, a causare la sofferenza psicologica quanto la particolare lettura che ciascuno dà agli eventi stessi; ne deriva quindi che lo “star male” o lo “star bene” sia la conseguenza dello specifico stile di pensiero che il paziente ha sviluppato nell’arco della crescita e che in un certo momento della vita, a causa di episodi chiamati attivanti o precipitanti, può diventare problematico. Infatti, l’assunto è che tale stile di pensiero, veloce, automatico e in gran parte inconsapevole, influenzi il modo in cui gli eventi vengono vissuti (emozioni) e determini la gamma di reazioni, funzionali o disfunzionali, che verranno messe in atto (comportamento). Il paziente è però spesso consapevole solamente dell’ultimo passaggio di questa complessa procedura, e dunque il lavoro terapeutico si indirizzerà verso una maggiore comprensione di sé e delle proprie difficoltà, mentre paziente e terapeuta scopriranno insieme quali risorse promuovere per tornare a sentire padronanza e soddisfazione.