
Fare ripetute cancellature sui quaderni di scuola al punto di strappare la pagina, per riparare invisibili imperfezioni nella scrittura.
Esprimere una continua, perpetua, preferenza per uno o più abiti da indossare, rifiutandosi di considerarne altri.
Appianare le pieghe delle lenzuola al momento di andare a letto cercando la perfetta simmetria.
E poi rabbia. Tanta rabbia. Disperazione alle volte, di fronte all’impossibilità di portare a termine questi piccoli, alle volte invisibili, compiti durante la giornata.
Comportamenti di questo tipo sono quelli che vanno a caratterizzare la presenza di un disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), una condizione che interessa quasi il 2% della popolazione infantile, e il 5% di quella adolescenziale.
Il nome stesso contribuisce a definire i due principali elementi caratterizzanti, ovvero le ossessioni e le compulsioni.
Le ossessioni sono pensieri, immagini, spesso impulsi, che si presentano alla mente senza una vera intenzione da parte del soggetto. Il loro contenuto è sgradevole e genera intense emozioni di ansia, ma anche disgusto, rabbia e tristezza.
Mirko, 7 anni, sperimenta frequenti immagini intrusive nelle quali vede la mamma investita dallo scuolabus.
Greta, 9 anni, pensa spesso di avere le mani sporche, e che questa sporcizia porterà lei e la sua famiglia ad ammalarsi gravemente.
Le compulsioni invece sono i comportamenti che bambini ed adolescenti sentono di dover compiere per annullare il contenuto sgradevole dei pensieri ossessivi. Questi comportamenti possono essere dei rituali oppure delle semplici azioni mentali, e sono finalizzati a scongiurare le conseguenze temute ed a lenire l’ansia o altre emozioni spiacevoli associate.
Quando Mirko è accompagnato dalla mamma allo scuolabus la mattina, conta nella sua mente da 1 a 10, per 7 volte, e solo allora si tranquillizza e sale sul mezzo.
Greta, ogni volta che entra in contatto con qualcosa che le innesca la sensazione di sporco, lava le mani ripetutamente, dito a dito, per mezz’ora.
Nonostante sia una condizione con un elevato tasso di incidenza, il disturbo ossessivo-compulsivo nei bambini e negli adolescenti è diagnosticato con molto ritardo, a causa della natura stessa del problema. I bambini, spesso, si vergognano dei propri pensieri e ancora di più dei rituali individuati per contrastarli, e tendono a mantenerli in una dimensione di segretezza ed intimità della quali i genitori potrebbero rimanere all’oscuro per molto tempo.
Frequentemente, infatti, le mamme e i papà di un bambino con DOC parlano di rigidità, scarsa predisposizione alla novità, e rabbia di fronte ai tentativi di far accedere il/i figlio/figli ad una maggiore flessibilità, ma non sospettano l’intenso carico mentale che caratterizza il disturbo.
Tuttavia, dipendentemente dal grado di severità di ossessioni e compulsioni, ci sono famiglie rese ostaggio delle fissità dei propri piccoli, finendo per organizzare la quotidianità in modo tale da non alterare i complessi rituali agiti dai figli. Questo, complice l’elevato livello di costrizione e rabbia che viene a generarsi, è solitamente il momento in cui si formula una richiesta di aiuto: “ma è normale che si comporti così?”
Complessivamente sono stati individuati 4 sottotipi principali del disturbo ossessivo-compulsivo:
Come ogni disturbo riguardante la popolazione infantile, è impossibile capire dove finiscano le responsabilità ambientali/familiari/genitoriali, e dove cominci la predisposizione individuale, che comunque è stata individuata in uno squilibrio neuro-trasmettitoriale, in particolare del sistema serotoninergico e dopaminergico.
Spesso, il clima familiare vissuto da bambini con DOC è improntato alla rigidità e ad un soffocamento nell’espressione delle emozioni. L’utilizzo di un registro comunicativo razionale, logico e distaccato, e l’accentuazione degli aspetti etici e morali, può rendere “freddi” i rapporti, e portare ad una esasperazione delle “regole interne” alla famiglia ed allo sviluppo della sintomatologia ossessiva centrata sul senso di responsabilità personale.
La terapia del DOC, che nei casi più ostici e complessi può prevedere un trattamento farmacologico, procede necessariamente su due binari paralleli: da un lato informazione e sostegno alla genitorialità, fornendo quegli spunti che possano consentire ai genitori di recuperare un sentimento di sincera comprensione verso i figli e consenta allo stesso tempo di divincolarsi dagli estenuanti rituali ai quali sono chiamati a partecipare; dall’altro concedere al bambino uno spazio di condivisione nel quale recuperare la propria spontaneità e leggerezza, riappropriarsi dei propri comportamenti e lasciar cadere le armi della rigidità ed inflessibilità impugnate nell’arco dello sviluppo.